Le mie passioni diventate lavoro e vita: i viaggi, l’estero, la storia, la letteratura. Un desiderio insopprimibile di raccontare il visto e il mai visto. Si perché non sono vissuto durante una guerra mondiale ma è come se ne portassi dentro la suggestione, l’impressione, i ricordi dei miei nonni, un mondo lontano che ritrovo nei racconti, nelle testimonianze, nei luoghi, negli oggetti.
L'impegno massimo per diventare un giornalista e uno scrittore. Per scrivere romanzi di ambientazione storica non ho particolari segreti o ricette da scuola di scrittura. Penso che lo scrivere sia un po’ come il parcheggiare: a volte mi vengono parcheggi buoni, quasi perfetti, in altre devo fare manovra come se fossi appena uscito dalla scuola guida. Non saprei proprio come insegnarlo. Per fare il giornalista serve tenacia, resistenza, e naturalmente le opportunità, come in ogni cosa. Le ho cercate e sono arrivate, tocca però difenderle da tutto, da un mondo che cambia, mestieri che diventano sempre più complessi e spesso poco apprezzati nell’era delle notizie fai da te.
Tocca andare avanti, sempre e comunque. L’amore per la storia nasce da un amore per l’esempio di chi è passato attraverso grandi difficoltà. Non è detto che abbia vinto, spesso i perdenti hanno molto più da insegnare. Nei miei libri si parla quasi sempre di guerra. Perchè? Un giorno sono stato al museo Meve, in provincia di Treviso, dedicato alla Grande Guerra. E lì ho trovato una risposta alla mia domanda assillante. All'ingresso una frase di Guido Ceronetti: "La Prima guerra mondiale non è mai finita e sta ancora continuando". La guerra escatologica, che doveva metter fine a tutte le guerre, ne ha generate a profusione e ancora i suoi parti mostruosi non si arrestano sfornando nuovi incubi, i nostri. Tutti quindi siamo, in un qualche modo, sopravvissuti, reduci, combattenti, vittime.
Qualche anno fa guardavo dalla città vecchia di Gerusalemme verso il deserto. La mia fantasia correva fra passato e presente. Sembrava che da un momento all'altro potesse arrivare Lawrence d'Arabia con la sua armata a cavallo. Il tempo però tendeva a cristallizzarsi nell'immobilità dell'orizzonte, senza eserciti in movimento ma disseminato di riflessi di luce, e nell'impossibilità di collocarmi in un momento storico preciso, tanto le guerre si rincorrono e inseguono, confondendosi l'una con l'altra. Alla fine si attende, come nella Fortezza Bastiani del "Deserto dei Tartari", la nuova guerra che prima o poi busserà alle porte per coglierti, sempre, impreparato.
Per contattare Alessandro Carlini: carlini.ansa@gmail.com
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